Il 10 luglio 2023 sono stati resi pubblici i dati della missione esopianeta del telescopio ESA Cheops che mostrano un pianeta rovente la cui particolarità sta nell’essere in grado di riflettere la luce della sua stella in modo impressionante.
I dati mostrano che LTT9779 b, così si chiama il pianeta, riflette l’80% della luce proveniente dalla stella attorno cui ruota. Per renderci conto della sua luminosità basta fare un piccolo paragone: l’oggetto più luminoso dei nostri cieli, oltre la luna, è Venere che riflette circa il 75% della luce solare; la Terra invece ne riflette soltanto il 30%
Così questo nuovo esopianeta scoperto, avendo poco più delle dimensioni di Nettuno, si classifica come il più grande specchio dell’universo attualmente conosciuto
Come è possibile questo fenomeno?
Per proseguire può essere utile spiegare cos’è l’”albedo”: esso è la frazione di luce che un oggetto è in grado di riflettere. La maggior parte dei pianeti ha un’albedo bassa o perché la loro atmosfera assorbe molta della luce che vi arriva, o perché la loro superficie è ruvida o scura. Le eccezioni sono rappresentate da pianeti ghiacciati o altri che, come Venere, hanno nuvole riflettenti.
Anche LTT9779 b riflette la luce grazie alle sue nuvole, questo fenomeno è spiegabile analizzando la loro composizione chimica. Esse infatti sono fatte per lo più di silicato (per intenderci, è lo stesso materiale di cui sono fatti la sabbia e il vetro) mescolato a metalli come il titanio.
Il pianeta che non dovrebbe esistere.
Il “pianeta specchio” compie un’orbita completa attorno la propria stella in 19 ore ed ha un diametro di 4,7 volte quello della Terra; la temperatura della superficie esposta alla stella raggiunge i 2000ºC. Un’altra cosa particolare di questo pianeta è che nessun altro della stessa massa e dimensioni è mai stato trovato ad orbitare così vicino alla propria stella, questo è infatti un così chiamato “pianeta nettuniano caldo”.
Tutti i pianeti in precedenza scoperti che orbitassero così vicini ad una stella sono infatti giganti gassosi con un raggio superiore di almeno 10 quello della terra, oppure pianeti rocciosi più piccoli di due raggi terrestri.
Insomma, gli scienziati si aspettavano che l’atmosfera di questo pianeta venisse spazzata via dalla sua stella ma molto probabilmente ciò non è avvenuto proprio grazie alle nuvole metalliche di cui è provvisto le quali, riflettendo la maggior parte della luce proveniente dalla stella, fanno in modo che il pianeta non si scaldi troppo ed evapori; intanto i pesanti metalli di cui è composta la sua atmosfera la rendono altrettanto pesante ed ancora più difficile da spazzare via.
Studi futuri sul pianeta.
Cheops ha effettuato le analisi sulla luminosità del pianeta utilizzando un metodo ben preciso: si è concentrato su quando il pianeta spariva dietro la stella. Poiché LTT9779 b riflette luce, la stella e questo combinati insieme inviano più luce al telescopio e nel momento in cui il pianeta sparisce dietro questa otteniamo la differenza di luce che ci fa determinare il valore della luce riflessa dal pianeta.
Studi futuri effettuati con l’aiuto dei telescopi Hubble e James Webb ci forniranno un quadro completo sul pianeta grazie alla loro capacità di osservazione con una gamma più ampia di lunghezza d’onda, tra cui i raggi infrarossi e UV, per meglio comprendere la composizione della sua atmosfera.
Cheops è soltanto il primo di un trio specializzato nello studio degli esopianeti: sarà seguito da Plato nel 2026, che si concentrerà sui pianeti simili alla Terra ad una distanza dalla propria stella che potrebbe permettere la vita, e Ariel nel 2029, che studierà le atmosfere dei vari esopianeti.
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