Mercoledì 28 agosto è stato pubblicato su Nature uno studio che conferma l’esistenza del campo elettrico ambipolare della Terra, rilevato e misurato per la prima volta dalla missione Endurance della NASA. Questa scoperta rappresenta un passo avanti significativo per astrofisica e scienza, con implicazioni profonde per la nostra comprensione dell’ambiente spaziale.
L’ipotesi iniziale: studi sul “vento polare”
Fin dagli anni ’60 gli esperti si sono resi conto di un fenomeno molto particolare che riguarda l’atmosfera terrestre: sorvolando i poli, alcuni satelliti avevano rilevato un flusso di particelle diretto verso lo spazio esterno. Si iniziarono, quindi, a cercare le cause di questo “vento polare” e furono proposte varie ipotesi, per esempio quella secondo cui la luce solare causava la fuoriuscita delle particelle dalla nostra atmosfera, come il vapore che esce da una pentola.
Ma gli studi dimostrarono che molte delle particelle in questione, nonostante viaggiassero a velocità supersoniche, erano fredde; di conseguenza erano attirate all’esterno da qualcos’altro. Dunque venne ipotizzato un campo elettrico molto debole, generato su scala subatomica, tanto da non essere percepito dalle tecnologie allora esistenti.
La scoperta del campo elettrico ambipolare
Così, nel 2016 prese piede il progetto di ideare un dispositivo in grado di rilevare questo misterioso campo elettrico. Le osservazioni sono state effettuate dal razzo suborbitale Endurance (chiamato così in onore della nave utilizzata dall’esploratore Ernest Shackleton per il suo famoso viaggio in Antartide) della NASA, lanciato l’11 maggio 2022 dalle isole Svalbard, l’arcipelago norvegese dove si trova il centro di lancio più a settentrione del mondo.
Endurance ha raggiunto un’altitudine di 768 chilometri, ricadendo 19 minuti dopo in mare; durante la raccolta dei dati ha rilevato una variazione di potenziale elettrico di soli 0,55 volt. Ma cosa significa? Glyn Collinson, responsabile scientifico della missione, ha dichiarato che «Mezzo volt non è quasi nulla, è più o meno la tensione della batteria d’un orologio, ma è la quantità giusta per spiegare il vento polare» ed il suo collega Alex Glocer, coautore dell’articolo, conferma che «Questa forza è più che sufficiente per contrastare la gravità, anzi, è sufficiente per lanciare gli ioni di idrogeno (le particelle più abbondanti in atmosfera) verso l’alto nello spazio a velocità supersonica».
Inoltre, non solo gli ioni di idrogeno ma anche quelli più pesanti, come gli ioni di ossigeno, risentono della forza del campo elettrico e ciò causa l’aumento dell'”altezza di scala” della ionosfera che risulta, di conseguenza, più densa ad altezze maggiori.
Come funziona il campo ambipolare?
Sappiamo che i fotoni solari hanno un effetto ionizzante sulle particelle della nostra atmosfera, ciò significa che tendono a “strappare via” gli elettroni da atomi e molecole che di conseguenza assumono una carica positiva. A questo punto, se ad agire sulle particelle ci fosse soltanto la forza gravitazionale, una volta separati, gli elettroni viaggerebbero verso lo spazio esterno (poiché molto leggeri ed influenzabili anche da debolissimi campi elettrici), e i nuclei restanti (molto più pesanti) ricadrebbero verso la Terra. Ma poiché le cariche di queste due entità sono opposte, si viene a formare un campo elettrico che le tiene unite ed in grado di contrastare alcuni effetti gravitazionali, causando il fenomeno dell'”altezza di scala” della ionosfera. Gli scienziati ipotizzano che si tratti di un campo elettrico ambipolare (o bidirezionale) poiché attivo in entrambe le direzioni.
«Ogni pianeta con un’atmosfera dovrebbe avere un campo ambipolare. Ora che finalmente lo abbiamo misurato, possiamo iniziare a capire come ha modellato il nostro e altri pianeti nel corso del tempo» conclude Collison. Capiamo bene, dunque, che questa scoperta è estremamente importante non soltanto per il nostro pianeta, ma anche per capire la storia, l’evoluzione, ed il grado di ospitalità di vita di altri pianeti. Questa scoperta segna un nuovo capitolo nella comprensione dell’ambiente spaziale terrestre e apre nuove prospettive per la ricerca astronomica e scientifica.
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